Art. 1 – Accesso alla sala studio
L’accesso alla sala studio è gratuito e consentito a tutti i cittadini maggiorenni previa registrazione.
È obbligatoria la presentazione di un documento d’identità valido e la compilazione della scheda di ammissione.
All’atto della registrazione, l’utente accetta integralmente il presente regolamento.
Non è consentito introdurre borse, zaini o contenitori. Gli oggetti personali devono essere riposti negli appositi armadietti.
L’uso di telefoni cellulari è ammesso solo in modalità silenziosa; sono vietate chiamate e videoconferenze all’interno della sala studio.
La attività di consultazione costituisce, di cui all’art. 122 dlgs 42/2004, materia diversa dalle attività di riproduzione di cui all’art. 108 e ss. dlgs 42/2004.
Art. 2 – Comportamento in sala
Si richiede un comportamento rispettoso del luogo, del personale e degli altri utenti.
È vietato parlare ad alta voce o creare disturbo.
Non è consentito introdurre o consumare cibo o bevande nella sala studio.
È vietato l’uso di penne a inchiostro liquido, stilografiche, evidenziatori o altri strumenti che possano arrecare danno ai documenti. È consentito l’uso esclusivo di matite per prendere appunti.
Ogni utente è tenuto a rispettare le indicazioni del personale di sala per garantire la corretta conservazione dei materiali archivistici.
Art. 3 – Consultazione dei documenti
La consultazione è consentita ai sensi e per gli effetti degli artt. 122 e segg del dlgs 42/2004 esclusivamente per scopi di studio, ricerca, interesse personale o professionale, nel rispetto della normativa vigente.
Non è ammesso l’uso dei documenti per scopi commerciali, salvo autorizzazione scritta.
È vietato alterare l’ordine dei documenti, apporre segni o annotazioni, o danneggiarli in alcun modo.
I documenti devono essere maneggiati con cura e utilizzando, se richiesto, strumenti di supporto (guanti, reggilibri, ecc.).
I documenti devono essere richiesti mediante modulo cartaceo o digitale, e restituiti entro la fine della giornata o secondo le indicazioni del personale.
Art. 4 – Richiesta dei documenti
I documenti devono essere richiesti mediante apposito modulo cartaceo o elettronico.
L’utente può consultare un numero limitato di unità archivistiche contemporaneamente, secondo le direttive del personale e le modalità indicate sul sito istituzionale.
In nessun caso i documenti potranno uscire fuori della sala studio e gli stessi dovranno essere restituiti a richiesta del personale ed in ogni caso entro gli orari di apertura al pubblico presenti sul sito istituzionale documenti richiesti devono essere restituiti entro la fine della giornata o secondo quanto indicato dal personale.
Art. 5 – Riproduzione, fotocopie e fotografie
5.1 Riproduzione dei documenti
La riproduzione dei documenti è regolata dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/2004), in particolare dagli articoli 107-109, come modificati dal D.L. n. 104/2020 (Decreto Semplificazioni).
È vietato procedere alla riproduzione di documenti, senza la prescritta autorizzazione, con modalità digitali e con ogni strumento in possesso dell’utenza
I documenti archivistici detenuti da istituti pubblici per fini personali e di studio, senza scopo di lucro, nei limiti prescritti dal DM 21.3.2024, n. 108, con mezzi propri previa compilazione dell’allegata autocertificazione (Riproduzione con mezzi propri: Dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà presente sul sito).
Non è richiesto, in tal caso pagamento di corrispettivi, salvo che la riproduzione avvenga per finalità commerciali o per pubblicazioni.
L’attività di riproduzione con mezzi personali dovrà essere compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio documentario.
La riproduzione potrà essere eseguita dall’istituto previa compilazione del modello allegato (Riproduzione da parte dell’Istituto presente sul sito).
Il mancato rispetto di quanto prescritto può determinare l’esclusione dalla sala studio.
5.2 Limiti e divieti alla riproduzione
La riproduzione è consentita esclusivamente per fini pertinenti alla ricerca in corso dichiarata dall’utente nella scheda di ammissione.
Non è ammessa la riproduzione integrale di intere buste, registri, protocolli, o unità archivistiche nella loro totalità. La riproduzione può deve riguardare solo le parti strettamente necessarie alla propria ricerca ed in ogni caso compatibilmente con le norme vigenti in materia di diritto d’autore e del codice deontologico.
È vietato l’utilizzo della riproduzione come sostitutivo della consultazione in sede.
Si precisa a tal riguardo che non è consentito fotografare un’intera unità per analizzarla successivamente al di fuori dell’Archivio.
Sono escluse dalla riproduzione:
- Le unità in cattivo stato di conservazione;
- I documenti contenenti dati sensibili o vincoli di riservatezza;
- Le unità archivistiche sottoposte a particolari misure di tutela.
È vietato l’uso di attrezzature invasive o che possano danneggiare i documenti, come flash, scanner portatili, cavalletti, o dispositivi non autorizzati.
La riproduzione sistematica, seriale o massiva, anche per scopi di studio, deve essere preventivamente autorizzata dalla Direzione.
5.3 Riproduzioni a cura dell’Istituto
Su richiesta motivata, l’Archivio può eseguire riproduzioni digitali o fotocopie, compatibilmente con lo stato dei documenti e la normativa vigente.
Il servizio è a pagamento, secondo il tariffario ministeriale.
Per il calcolo del canone dovuto per le riproduzioni si applica quanto stabilito dalle Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali, emanate con il d.m. 21 marzo 2024, n. 108, recante modifiche al d.m. 11 aprile 2023, n. 161
Le fotocopie possono essere concesse solo per documenti idonei (non fragili, non rilegati, non soggetti a vincoli) e in misura limitata.
5.4 Uso delle immagini
Le immagini ottenute per uso personale non possono essere pubblicate, né online né su altri supporti, senza autorizzazione scritta della Direzione.
Per usi editoriali, divulgativi o commerciali è necessaria una richiesta formale, come previsto dall’art. 108 del D. Lgs. 42/2004.
Nel caso in cui sia autorizzato l’uso pubblico, è obbligatoria la citazione della fonte completa: “Archivio di Stato di Bari” + segnatura archivistica.
Art. 6 – Sanzioni
L’inosservanza del presente regolamento può comportare la sospensione o l’esclusione dall’accesso alla sala studio.
In caso di danneggiamento dei documenti, si applicano le sanzioni previste dalla normativa vigente (art. 169 e seguenti del Codice dei Beni Culturali).
Ci si riserva di segnalare alle competenti autorità di vigilanza gli eventuali trasgressori.
Art. 7 – Norme finali
Il presente regolamento è disponibile in sala studio e sul sito dell’Archivio e la pubblicazione costituisce pubblicità ad ogni effetto di legge.
Eventuali aggiornamenti saranno comunicati con apposito avviso.
***
Riproduzioni con mezzo proprio
Ai sensi dell'art. 108, co. 3, del d.lgs 22 gennaio 2004, n. 42 e ss.mm.ii., Codice dei beni culturali e del paesaggio, modificato con legge 4 agosto 2017, n. 124, è libera la riproduzione di beni archivistici (a eccezione di quelli sottoposti a restrizioni di consultabilità) svolta senza scopo di lucro, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, nonché per promozione della conoscenza del patrimonio culturale. È pertanto consentita la riproduzione di documenti con mezzi propri a titolo gratuito, dopo aver compilato la dichiarazione (riproduzione con mezzi propri) appositamente predisposta. La riproduzione deve essere effettuata con modalità che non comportino alcun contatto fisico con i materiali, senza l’uso di sorgenti luminose o l’utilizzo di stativi o treppiedi. Non è pertanto consentita la riproduzione di documenti mediante l'uso di scanner portatili o a penna, nonché di flash o altre fonti luminose portatili.
Presso l’Archivio di Stato di Bari è possibile chiedere la riproduzione a pagamento. Per il calcolo del canone dovuto per le riproduzioni si applica quanto stabilito dalle Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali, emanate con il d.m. 21 marzo 2024, n. 108, recante modifiche al d.m. 11 aprile 2023, n. 161. I pagamenti vengono effettuati tramite PAGO PA.
Le domande di riproduzione possono essere presentate in sala di studio, compilando l’apposito modulo. Il ritiro delle fotoriproduzioni deve avvenire nell'orario di apertura della sala studio oppure se ne può richiedere l'invio tramite posta elettronica (se di dimensioni superiori a 25 Mb, tramite il sistema ApeCargo). Le richieste di fotoriproduzioni possono essere presentate anche per corrispondenza, scrivendo all'indirizzo as-ba@cultura.gov.it. L'Archivio di Stato risponderà comunicando i costi del servizio e le modalità per effettuare il pagamento. Non si spediscono fotocopie con posta ordinaria cartacea.
Copie conformi all'originale
Per ottenere copie conformi dei documenti conservati presso l’Archivio di Stato occorre presentare una richiesta corredata di marca da bollo da € 16,00, secondo il modello (Riproduzioni eseguite dall’Archivio di Stato). Le copie o gli estratti dei documenti verranno rilasciati in bollo (un bollo ogni quattro facciate). Spetta al richiedente verificare se l'uso per il quale la copia è richiesta rientra o meno tra quelli per i quali è prevista l'esenzione da bollo ai sensi della tabella all. B al d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 642, e farne esplicita dichiarazione nel modulo. L'Archivio di Stato di Bari rilascia copie conformi all'originale in formato cartaceo in sede, esclusivamente in formato digitale per corrispondenza.
Non si rilasciano estratti per riassunto o certificati degli atti di stato civile, per i quali è invece necessario rivolgersi ai Comuni presso i quali gli atti di stato civile sono stati registrati in originale.
Limiti alla fotoriproduzione
Sono esclusi dalla fotoriproduzione i beni archivistici sottoposti a restrizioni di consultabilità (artt. 122-127 del d.lgs. 42/2004). Gli inventari non editi e le tesi di laurea o di dottorato non possono essere riprodotti. La riproduzione di interi fondi, serie o parti consistenti di esse è soggetta ad autorizzazione da parte della Direzione generale archivi (circolare DGA 39/2017). L’istituto si riserva di negare, motivatamente, il permesso di riprodurre documenti che versano in condizioni di conservazione non soddisfacenti o che possano essere danneggiati dalle ripetute riproduzioni; non è consentita, inoltre, la libera riproduzione dei documenti di particolare rarità e antichità e/o fragilità o corruzione del supporto che necessitano di speciali accorgimenti per garantirne la sicurezza (circolare DGA 33/2017).
Riproduzione massiva documenti
L’acquisizione massiva di serie integrali, o di parti sostanziali della collezione di un istituto, da chiunque richiesta e in qualunque modo essa venga attuata, deve essere oggetto di autorizzazione preventiva. Si tratta di una misura desunta dal regolamento delle biblioteche statali (DPR 5 luglio 1995, n. 417, art. 49) e ribadita nella circolare n. 39/2017 della Direzione generale Archivi, ma che può essere utilmente estesa alle altre tipologie di beni culturali. L’istituto che ha in consegna il bene deve infatti essere messo nelle condizioni di assicurare la tutela del patrimonio oggetto di riproduzioni che, per la loro estensione, possono determinare di fatto, forme alternative di fruizione del patrimonio culturale. Per tale ragione si ritiene doveroso osservare che ai sensi dell’art. 108, comma 3 del Codice dei beni culturali è libera la riproduzione di un bene culturale effettuata direttamente dall’utente, nel rispetto del diritto d’autore e delle norme sulla riservatezza, a condizione che non si faccia uso di strumenti che comportino un contatto diretto con il supporto da riprodurre (come ad esempio scanner) o di flash, treppiedi o stativi che potrebbero mettere a rischio l’integrità fisica del bene culturale oggetto di riproduzione. L’utilizzo di tali dispositivi tecnici quindi non è libero, dovendo essere autorizzato preventivamente dall’ente che ha in consegna il bene il quale, in caso di assenso, detterà le relative prescrizioni a tutela del bene da riprodurre. Va detto che, in ogni caso, agli istituti di tutela rimane riservato il monopolio dell’alta risoluzione nelle riprese professionali, dal momento che per l’uso di treppiedi, flash e strumenti di scansione a contatto sarà sempre necessaria un’autorizzazione.
Ulteriore osservazione non di minore impatto concerne il rapporto problematico tra riproduzione digitale e tutela della riservatezza è particolarmente evidente nel caso dei beni archivistici. Com’è noto la consultabilità della documentazione archivistica è regolata dagli artt. 122-127 del Codice dei beni culturali, mentre le categorie di dati personali che meritano speciale protezione sotto il profilo della riservatezza sono definite dal Regolamento (UE) 2016/679 relativo alla protezione dei dati personali (GDPR).
I documenti conservati negli archivi di Stato sono liberamente accessibili fatta eccezione per i seguenti documenti:
• atti relativi alla politica interna ed estera dello Stato, dichiarati di carattere riservato dal Ministero dell’Interno d’intesa con il MiC, che diventano consultabili 50 anni dopo la loro data;
• documenti contenenti dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, che diventano consultabili 40 anni dopo la loro data;
• documenti contenenti dati personali idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale o i rapporti riservati di tipo familiare, che diventano consultabili 70 anni dopo la loro data;
• documenti contenenti dati relativi a condanne penali, reati e connesse misure di sicurezza, che diventano consultabili 40 anni dopo la loro data.
La indicata disciplina deve essere letta in combinato disposto con quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) che distingue, infatti, fra “comunicazione” e “diffusione” dei dati personali (art. 2-ter). Restano in capo al soggetto conservatore le responsabilità derivanti da eventuali violazioni della norma rispetto alla “comunicazione” dei documenti contenenti dati personali.
Ciò può verificarsi nel caso in cui non siano rispettati i termini di consultabilità della documentazione previsti dall’art. 122 del Codice dei beni culturali. Per “diffusione” si intende la pubblicazione, o comunque una condivisione indiscriminata nei confronti di una comunità di utenti indeterminata e ampia. La diffusione dei dati personali, anche a mezzo di riproduzione, non è permessa a meno che essa non rientri in una delle eccezioni previste dal Regolamento (UE) 2016/679 e dagli altri atti normativi di livello nazionale coordinati, quali il decreto legislativo n. 196/2003 e le Regole deontologiche ad esso allegate, che definiscono criteri di valutazione per la diffusione di documenti contenenti dati personali in base all’ambito o disciplina in cui si trova l’utente si trova ad operare.
Questo tipo di attività è precisamente normato dalle Regole deontologiche che suggeriscono anche quali siano gli strumenti da utilizzare e i criteri da seguire. Le responsabilità correlate a una diffusione dei dati personali stanno in capo all’autore della diffusione individuabile, di norma, nell’utente o in qualunque altro soggetto sia venuto in possesso, a qualsiasi titolo e in qualunque momento, della riproduzione effettuata dall’utente medesimo. Occorre però considerare che in alcuni casi può essere il soggetto conservatore a farsi promotore della diffusione dei documenti e ad essere quindi responsabile di eventuali violazioni di dati (data breach). La responsabilità in capo all’utente non esime in ogni caso l’istituto di tutela dall’assumere ogni accortezza e misura atta a prevenire a monte l’accesso da parte del pubblico a serie archivistiche o fondi che potrebbero, presumibilmente, contenere dati personali. In questi casi è infatti l’accesso, prima ancora che la riproduzione stessa, a dover essere preventivamente regolato.
La riproduzione con mezzo proprio della documentazione liberamente consultabile nelle sale di studio degli archivi di Stato è disciplinata dalla circolare n. 33/2017 della Direzione Generale Archivi, la quale detta prescrizioni anche in merito alla riproducibilità della documentazione riservata.
Tale normativa va letta anche alla luce di quanto disposto dal d.m. 21 marzo 2024, n. 108, recante modifiche al d.m. 11 aprile 2023, n. 161.
In questo caso la riproduzione può essere effettuata, su richiesta degli interessati, esclusivamente a cura dell’istituto, il quale può non autorizzare la riproduzione qualora la documentazione contenga “categorie particolari di dati personali” o “dati personali relativi a condanne penali e reati” di cui agli artt. 9-10 del GDPR.
Le regole deontologiche per il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse o per scopi di ricerca storica sono fondate sul principio che i dati personali debbono essere utilizzati nel rispetto della dignità delle persone interessate. Invero, le Regole deontologiche per il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse o per scopi di ricerca storica (all. A.2 al d. lgs. 196/2003) dettano norme
sulla diffusione dei dati personali contenuti nei documenti d’archivio (si veda in particolare l’art. 11).
Tali Regole debbono essere messe in pratica non solo quando si trattano documenti recenti, ma anche nel caso si utilizzino, ad esempio, i documenti del Portale Antenati.
Le Regole deontologiche affermano che l’utente può diffondere i dati personali se pertinenti e indispensabili alla ricerca e se gli stessi non ledono la dignità e la riservatezza delle persone. (art. 11, c. 4).
Tutti i documenti pubblicati nel Portale Antenati sono liberamente consultabili (con riferimento ad alcuni degli anni richiesti ed in particolare 1930-31-32-34) in particolare sono presenti per le ricerche genealogiche senza valore legale, giuridico o amministrativo.
Ad ogni buon conto la legge italiana regola in modo distinto la consultazione dei documenti contenenti dati personali da un lato, e la loro diffusione dall’altro e proibisce la pubblicazione di dati personali trovati nei documenti d’archivio, qualora possano arrecare un pregiudizio alla dignità degli interessati.
Dagli enunciati principi, discendono una serie di corollari che vincolano sia gli archivisti che l’utenza degli archivi e che vanno osservate non solo in riferimento ai documenti dell’ultimo settantennio, ma anche a quelli di data anteriore, nel caso in cui contengano dati personali la cui divulgazione può ledere la dignità di persone viventi (si pensi a titolo esemplificativo ai certificati di assistenza al parto).
Le disposizioni in materia di accesso civico generalizzato, nel caso di specie, non trovano applicazione in quanto l’esclusione è normata dall’art. 5 bis del lgs 33/2013, unitamente all’art. 35 dpr 223/1989, che prevede la necessità di una richiesta motivata.