L'Archivio di Stato di Bari nasce come Archivio provinciale l'8 luglio 1835 con la legge organica degli Archivi del Regno di Napoli n. 1379 del 12 novembre 1818, con la quale si istituivano gli Archivi provinciali del Mezzogiorno. Sarà poi con la legge n. 2006 del 22 dicembre 1939 che diventerà Sezione di Archivio di Stato, per poi assumere finalmente nel 1963 la sua attuale denominazione.
L'Archivio di Stato di Bari, fra i primi sorti nell'Italia meridionale ed inizialmente posto alle dipendenze dell'Intendente, ebbe la sua prima sede nel 1831 all'interno del Palazzo dell'Intendenza, per poi essere trasferito all'inizio del 1900 in via Carulli, di fronte agli uffici del Distretto Militare, e poi nel 1936-37 all'interno del Palazzo della Provincia. Dal 1977 fino al 2001 cambierà per tre volte sede, fino ad essere trasferito in via definitiva nell'attuale sede nell'ex macello comunale sito in via Pietro Oreste 45, all'interno della cosiddetta Cittadella della Cultura, complesso che ospita al suo interno, e più precisamente negli ex frigoriferi, anche la Biblioteca Nazionale di Bari Sagarriga Visconti-Volpi.
Il complesso, situato nella vecchia area industriale della città denominata Marisabella, dal nome dell'antica palude bonificata alla fine del secolo XV da Isabella d'Aragona, duchessa di Bari, si trova in un punto strategico della città, fra il centro cittadino e la Fiera del levante, e in prossimità del bacino portuale e della linea ferroviaria. L'edificio, costruito nel 1933 ed originariamente adibito a macello comunale, costituisce una rara testimonianza di architettura industriale degli inizi del '900, dai caratteri formali propri dell'architettura neo-romantica e liberty della fine dell'Ottocento e degli inizi del secolo successivo. L'intero complesso architettonico della Cittadella della Cultura è di proprietà del Comune di Bari, che ne ha concesso l'usufrutto al Ministero della Cultura per 99 anni.
Planimetria d'insieme del Nuovo Macello Comunale di Bari, Archivio storico del Comune di Bari, b. 1721, f. 3.